Esempi di brand con nomi propri, descrittivi o evocativi. Quale tipologia di nome scegliere per il proprio brand?

Nell’articolo Come scegliere (o creare) il nome del proprio Brand abbiamo visto i 4 step principali e i criteri utili per scegliere un il nome del nostro brand. Qui approfondiamo l’argomento parlando di nomi propri, nomi evocativi e nomi descrittivi

Faremo molti esempi – soprattutto di brand B2C – e cercheremo di capire quali tipologie di nome è meglio utilizzare a seconda delle caratteristiche del nostro brand e del contesto di riferimento. 

Nomi di brand: esempi di nomi propri, descrittivi ed evocativi

Non abbiamo dubbi, un brand ha un nome proprio quando prende il nome del titolare dell’azienda. Un esempio? Colmar è l’acronimo di Colombo Mario, fondatore dell’azienda.

Ma non è detto che il nome proprio sia il nome anagrafico di qualcuno, va benissimo una parola astratta, una parola inventata o di un’altra lingua. Ad esempio, Google è una parola inventata anni prima, quasi dimenticata e poi rispolverata per dare il nome al brand che ora tutti conosciamo. Fun fact: la parola Google era stata inventata da un matematico. 

Il nome Cisco è stato ottenuto dalla contrazione di San Francisco, città di origine dell’azienda. Invece, Nike è una parola greca che indica la dea della Vittoria.

I primi tre esempi – Colmar, Google e Cisco – non ci dicono nulla di quello che fa l’azienda. Invece, Nike – parlando di vittoria – ci porta nel contesto di riferimento del brand: lo sport.

Rimanendo su questo filone abbiamo The North Face (“il lato nord”) che per gli alpinisti è il versante della montagna più freddo e impervio da scalare. 

Con questi esempi possiamo notare che non esiste un confine netto tra nomi propri, descrittivi ed evocativi. Queste tre suddivisioni infatti non sono “scatole” separate. Piuttosto, sono da considerare come sfumature di un’unica scala di colore.

Il nome Microsoft è un piccolo capolavoro perché unisce le due parole evocative per eccellenza del mondo dell’informatica: “micro” indica le piccolissime dimensioni dei chip, mentre “soft” è un riferimento al software.

Esempi di nomi descrittivi

Facciamo ora qualche esempio di nomi descrittivi, ovvero nomi che hanno il compito di farci immediatamente comprendere che cosa fa l’azienda, quali prodotti o servizi vende.

Vodafone e Amplifon contengono entrambe la parola “fonìa” che in greco voleva dire suono, voce, e ora viene usato come sinonimo di telefonia. Amplifon, in particolare, è un nome molto descrittivo perché “ampli”, dal greco, significa ingrandire, amplificare e “fonìa”, come abbiamo appena visto, significava suono.

Coca Cola è descrittivo, perché coca e cola erano i principi attivi del farmaco da cui ebbe origine la bevanda.

Anche il nome Magneti Marelli è descrittivo perché ci dice che quell’azienda ha a che fare con i magneti (motori elettrici), in più c’è stato aggiunto il nome del fondatore… è quindi un perfetto mix tra nome descrittivo e nome proprio. Come dicevamo prima, possiamo giocare con i nomi e mescolare nomi propri, descrittivi ed evocativi. 

Nomi al 100% descrittivi, invece, sono Poltronesofà e Divani&Divani. Notiamo che, quando i marchi vogliono essere descrittivi, inseriscono nel nome il prodotto che è l’elemento più tangibile e, quindi, più facilmente visualizzabile.

Al contrario, i marchi che cercano di aumentare il proprio valore astratto sono quei marchi universali che sono valevoli per più prodotti e, soprattutto, che tendono a collocarsi nella fascia di lusso e del prestigio.

Ad esempio, brand di alta moda, di automobili o di gioielli, non puntano a far visualizzare un oggetto, piuttosto mirano a trasmettere una filosofia, un modo di essere, un’identità… qualunque cosa che li stacchi completamente dal prodotto. Ecco perché questi brand usualmente hanno nomi evocativi e non descrittivi. 

Per approfondire narrazione e identità come punti di forza per valorizzare un brand (e qui vi consiglio il video sull’identità e sulla narrazione, se vi interessa!).

Considerazioni utili per scegliere il nome del proprio brand

Quando si sceglie il nome del proprio brand è difficile comprendere quale sfumatura si vuole dare: meglio un nome astratto? Forse no, sarebbe meglio un nome descrittivo…? 

Cerchiamo di eliminare ogni dubbio facendo un paio di considerazioni.

Prima considerazione. I marchi astratti sono più flessibili: possono iniziare a vedere un’altra tipologia di prodotti senza alcun problema.

Ad esempio, se domani mattina Louis Vuitton decidesse di vendere automobili o barche non dovrebbe modificare il nome. Louis Vuitton infatti è diventato uno stile, gode di una forte identità totalmente libera dal prodotto ed è perfettamente adattabile a infiniti ambiti merceologici.

Questo non vale solo per il settore del lusso, ma anche per le grandi corporation. Ad esempio, pensiamo alla giapponese YAMAHA che, con lo stesso marchio, vende con successo motociclette, strumenti musicali, elettronica… 

Seconda considerazione. Più un nome evocativo, più è difficile da affermare: ci vogliono più tempo ed energie per farlo entrare nella mente delle persone.

Infatti, se un nome non racconta che cosa fa il brand, che cosa vende, bisognerà trasmetterlo alle persone in altri modi – spendendo di più in pubblicità, ad esempio – finché non sarà diventato un’icona, un punto di riferimento del settore.

Un’altra prospettiva: che cos’è meglio per fare digital marketing?

Un’altra considerazione: la considerazione “seconda bis” perché diremo ciò che abbiamo appena detto ma raccontando il tutto in chiave digital marketing.

Da un punto di vista SEO il marchio descrittivo è un valido aiuto perchè, contenendo già di per sè una parola chiave, è più facile che il sito venga posizionato per le keyword che ci interessano.

Facciamo un esercizio-esempio. Se cerchiamo su Google “agrumi di Sicilia”, tutte le aziende che compaiono per prime hanno nel proprio brand name le parole “arance”, “agrumi”, “Sicilia” o simili. Bisogna arrivare alla terza pagina dei risultati per trovare il primo nome non descrittivo, ovvero Frasadafood (che comunque contiene la parola food…).

 

Sì… ma quindi che cosa bisogna fare?

Non ci sono regole assolute. È un’eterna lotta tra capre e cavoli: non si può avere contemporaneamente un nome esotico, evocativo, flessibile, ma anche in grado di farci primeggiare sui motori di ricerca. 

Dobbiamo scegliere, con consapevolezza, sapendo che stiamo favorendo degli aspetti sacrificandone degli altri. Bisogna “semplicemente” trovare la quadra per noi. 

 

Se hai bisogno di una consulenza per scegliere il nome del tuo brand, contattaci.

 

 

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